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Politica

A lezioni di Padania

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Articolo di Marco Mazzurco

Nel nuovo governo il ministero dell’integrazione è di Cècile Kyenge: laurea in medicina e alle spalle varie campagne sociali (progetto AIFA, “Diaspora Africana”), di nascita congolese e cittadina italiana; ricorda il Messaggero, è il primo ministro di colore nella storia repubblicana (italiana). La sua nomina però non vuole proprio andare giù ai leghisti, il cui segretario di partito Matteo Salvini pochi giorni fa ha riconosciuto nel ministro l’espressione “di una sinistra ipocrita e buonista”, le cui “idee sono pericolose”. Si potrebbe fare l’errore, a sentire queste dichiarazioni, di pensare che il partito di cui Salvini è segretario sia uno che non si faccia problemi a fare la voce grossa, che anzi abbia diritto di farlo (in fondo fino a pochissimi anni fa era uno dei primi, in Italia, e addirittura al governo) forte di una storia lungimirante, limpida, esemplare, insomma; forse è così, ma le somme si tireranno alla fine.

Ad anni luce di distanza dal nostro paese proviamo allora ad immaginarci il favoloso iperuranico stato della Padania, come vorrebbero loro, con i suoi magnifici ministeri.

Ministro dell’Integrazione: Mario Borghezio

Avvocato, classe ’47, ha rinunciato alla poltroncina di parlamentare d’Europa (anche perché da lui amabilmente denominata “di merda”) per dedicare tutto se stesso al popolo longobardo, dal cuore crociato; cacciata a pedate la dottoressa congolese, le venne spiegato che già soltanto per eseguire la professione medica avrebbe dovuto fingere di averla ricevuta, la laurea, per poi festeggiarla non con una, ma due feste (pur non avendo conseguito alcunché, naturalmente) come fece il carismatico patriarca e fondatore di quel bel paese, Umberto Bossi. Fiero della sua Padania riuscì a definirla davanti a una telecamera di La7 “immune al razzismo”, ma non riuscendo neanche lui a credersi, si sfogò sul palco tra la sua gente dichiarando di non essere “merdaccia levantina o mediterranea” o “musulmani del cazzo”, con degna abilità retorica ciceroniana. Forse il razzismo non è rivolto verso gli gnomi e le fate transalpine, chi lo sa.
Che il ministro non li veda mai svolazzare con un corano in mano.

Ministro dell’Istruzione e Università: Renzo Bossi

Erede al trono, delfino degradato a trota, si laureò tra altalene e castelli di sabbia all’università Kristal in Albania addirittura prima ancora (pargolo prodigio) di conseguire la maturità (al quarto tentativo) e tenendo corsi direttamente in lingua albanese; ebbe quasi diecimila preferenze (forse dei suoi ex compagni di scuola, perché passò svariati anni all’interno dell’istituto). Dopo i tuoni del babbo contro i professori “non del Nord” (esattamente la descrizione della mamma del piccolo, seconda moglie del senatùr, insegnante e pure siciliana) che ostacolarono la promozione del ragazzo per le sue idee federaliste, si attendono le agognate riforme che rinnoveranno la scuola ora matrice terrona.

Ministro dell’Economia e dello Sviluppo Economico: Gian Maria Galimberti

Banchiere leghista della vecchia guardia, al grido del re Umberto “prendiamoci le banche” divenne vice presidente della prima Banca verde padana, la CredieuroNord. Ai suoi albori tuonava profeticamente: “cresceremo tanto da fare paura alle grandi banche”.  Frase infelice, perché pochi anni dopo (2003) la banca non fa in tempo ad aprire molti sportelli che è già al fallimento con tredici milioni di euro di sofferenza economica e quasi otto milioni di perdite.

E non vengano dimenticati Belsito e i soldi trafugati proprio per la famiglia Bossi che inneggiando con una mano alzata per la meritocrazia e contro i fannulloni con l’altra sguazzava nelle tasche dei gonzi che (veramente) ci credevano (credono) e davano (danno) soldi che si è visto sanno gestire egregiamente.

Dopo avere trangugiato tutta l’acqua del Po che vogliono, qualcuno accolga l’invito di Travaglio e regali loro anche un pallottoliere.

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