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Quando cade la neve all’alba

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Quando cade la neve all’alba

Racconto di Claudio Bello

Il fuoco è puro

Spegniti, spegniti cuore. Spegniti come il diluvio spegne le calde emozioni rintanate nel cuore di un bambino nel ventre di un agosto che rotola via, inesprimibile.

Hai amato troppo. Troppe albe hai guardato venire al mondo nude con quel vento che scuoteva forti le costole, cercando di venir fuori dalla prigione di ossa rancide, asciutte, senza alcun affetto verso un esterno troppo buio per lasciarlo uscire, quel vento. Quel vento era l’amore. Ti ho conosciuta per caso. Ti ho continuato a guardare per bellezza. Ti ho amata per i tuoi occhi.  E i tuoi capelli mi proteggevano. Mi hanno sempre protetto dal resto. Dal non te intendo. E i tuoi occhi mi hanno aperto le porte di quello che non c’è. Intanto pioveva.

Ed ora, cosa posso fare? Il mio cuore deve smettere di esistere. Così ritroverò pace, dimenticherò quegli occhi, i tuoi capelli smetteranno di proteggermi. Sono debole, io. Non posso affrontare la vita senza uno scudo un elmo una lancia una spada. Vorrei essere un eroe omerico a volte. O gemere di impeto vittorioso tra le truppe di un qualche esercito che difende i confini del mondo da chi non può entrarci, perché non è pronto. Io lo sono. E il mio cuore brucerà. Ho sentito che alcuni poeti raggiunta la maturità bruciavano i loro componimenti d’amore giovanili. Io brucerò il mio cuore, dove sono racchiuse le mie poesie.

Ho scelto un posto strano per farlo. E’ un giardino in cui nevica tutto l’anno. Sta là ai confini del mondo. Le truppe mi hanno lasciato entrare, sorridendo. Di compianto. L’empatia è un sentimento importante, penso. In questo giardino anche il rosso è bianco. Anche il mio cuore sarà bianco. Lo abbandonerò qui, sepolto da coltri e coltri di neve, per millenni. Magari qualche bambino lo troverà. E ne ascolterà  le storie. Le mie felici/tristi storie. Con un buco nel petto tornerò nella metropoli, senza neve senza bianco senza un cuore che batte. E passerò ciò che resta a guardare per terra a guardare i miei piedi che si muovono. Muovetevi. Non si fermeranno mai, credo.

Due dubbi mi assalgono:

1)      Come farò a bruciare il mio cuore?

2)      Forse morirò.

Vale la pena tentare. Al massimo diventerò bianco completamente.  Tanto non sono mai stato un tipo freddoloso. E mai lo sarò. Magari proverò con un accendino. Ecco, lo avvicino al petto. Non succede niente. Niente. Non so. CONTINUERO’. Ho continuato. Ecco dopo secoli e secoli e decenni e decenni e anni e anni il mio cuore brucia. L’accendino si è scaricato da 127 anni. Ma ora brucia ugualmente. Brucia… brucia… brucio.

 Il cuore è

Al bambino piaceva giocare tra le strade. Tra le strade si riconosceva. Si guardava allo specchio. Si viveva. Tra le strade un giorno correva. Da solo. Il bambino correva verso il cielo. Non riusciva a raggiungerlo e questo lo faceva diventare furioso. Correva anche per un giorno intero. La rabbia era più forte di qualunque fatica di qualunque qualunque. In una via scorreva un fiume. Tra le strade. Com’era possibile. Il bambino non se lo spiegava. Ma ne era felice. Seguì il fiume. Sentiva di non potersi tuffare. Era un tipo freddoloso, oltretutto. Rapido il fiume marciava tra piccole viottole. E il bambino dietro. Poi un cancello. Lì si arenava. Era rosso il cancello. Ma era bianco. L’acqua si tramutava in neve, in neve ghiacciata che fendeva ogni angolo di quello strano posto così irrealmente reale. Voleva entrare ma aveva paura di sentire freddo, il bambino. Entrò. Faceva freddo. Batteva i denti e stringeva le braccia al suo fisico magro, strette strette. Non sarebbe passato un filo, dico un filo, d’aria. Un rumore. Un rumore ritmico.

TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM.

Una batteria. Un Martello. Pugno. Calcio. Testa. Cos’era?

Poi un rossore si appannò al centro della sua vista, al centro di quel giardino. Si, era rosso e batteva all’impazzata. Sembrava stesse per esplodere. Bianco bianco bianco bianco ovunque. Apparte là. Un cuore rosso pulsante lo squadrava. E il ragazzo squadrava lui. Si avvicinano, uno all’altro. L’orecchio del bambino bramava sentire, brama udire, conoscere ciò che ancora non conosce non ha provato non ha salvato. Era lì da millenni. Forse da sempre. Conosceva tutti i segreti. Tutti. A parte uno.

 Se ne stava per andare. Ed ecco una ragazza. Si strappò una ciocca di capelli. La porse sopra il cuore. A proteggerlo. Se ne andò. Ed ecco, ecco che quel rossore ora si perdeva tra il bianco tra la neve tra quelle ciocche fragili. Proteggetemi. Proteggetemi.

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